UNA FINE, UN NUOVO INIZIO
Siamo soliti abbatterci, subire sconfitte e di conseguenza abbatterci nuovamente. Ecco perché lo status quo resta invariato o subisce per lo più cambiamenti preceduti dal segno meno. Quello che è accaduto oggi non è frutto di una notte di spoglio dei voti, ma la risultante di un esteso periodo di insoddisfazione e del dilagare di populismi gratuiti e mistificatori che per troppo tempo hanno nidificato in diversi focolai.
Che si sia a destra, centro o sinistra, lo scopo della politica è e deve essere il bene supremo della collettività, qualunque siano le forme di governo o i partiti al potere, le latitudini alle quali ci si trova, le difficoltà che sorgono giorno dopo giorno. Parlare di politica fa paura, sembra ormai che tale parola sia da rifuggire quanto un tabù. Dovrebbe essere, invece, ciò che anima le conversazioni di ognuno perché la politica non è corruzione, arrivismo, inganno, al netto di tutti gli errori umani essa resta il volersi mettere in gioco per e a servizio degli altri. La politica è un mezzo per cambiare le cose e per fare questo bisogna necessariamente cambiarle dall’interno, scappare ha sempre salvato i fuggitivi, non ha mai risolto i problemi da cui è nato l’istinto di volersene andare una volta per tutte.
Ogni Stato ha l’ambizione, con i suoi pro e contro, di voler essere indipendente da ogni altro. In un contesto geopolitico come quello del nostro secolo illudersi che questo sia possibile sarebbe come voler fermare un ciclone soffiando in senso contrario, non solo inutile, ma anche riduttivo. Si sottovaluta quando si teme, si teme quando ci si ostina a fare di testa propria senza voler cercare punti d’incontro.
Tutti coloro i quali hanno sempre inneggiato contro l’Unione Europea saranno ben contenti di questo risultato della Brexit, forse arriveranno persino a vedere la Gran Bretagna come precursore di un passo dovuto per tutti gli Stati membri. La realtà dei fatti però mostra che è solo essendo partecipi che si ha la forza di stimolare la rivoluzione dall’interno. Gli errori si riparano correggendoli, non cancellandoli, ciò che di buono si è raggiunto merita di essere amplificato, non abbandonato.
Oltre agli egoismi nazionalistici oggi ci sono necessità ben più grandi a livello mondiale che chiedono unione, non spaccature. Laddove queste si presentino già sui confini inoltre, forse alimentarne di nuove interne non è la scelta più saggia. Ognuno ha diritto di scegliere per sé, ognuno ha il dovere di non astenersi dal prendere una posizione, lo richiede il presente, lo richiedono le persone tutte, noi compresi. Oggi non festeggiamo una vittoria, sia ben chiaro, ma prendiamo spunto da una sconfitta per fare delle considerazioni. Spesso avvenimenti come questo arrivano appena in tempo per far aprire gli occhi, per farci rialzare.
Dalle sconfitte si possono generare ostinazione, rassegnazione, paraocchi, muri oppure cambiamento, fiducia, apertura, legami. Ciò che determina quale delle due strade del bivio intraprendere è la libertà di scelta dei singoli, di cui si fanno portavoce gli enti nazionali e sovranazionali. Le scelte che vediamo distanti, in realtà dipendono da noi in prima battuta, sono le nostre. Per questo motivo chi fa del populismo e cerca di innaffiare il tutto con critiche a destra e a manca a priori mira a un non progresso privo di prospettive, non offre alternative lungimiranti. È arrivato il momento di togliere le bende e rinascere dalle ceneri di un recente passato non ancora concluso e in grado di riscattarsi. Recuperare le idee con le quali l’Unione Europea è stata concepita, come “unione” non solo economica ma volta al potenziamento dello spirito comunitario su diversi fronti, per poi superarle ulteriormente.
Integrazione dei simili, amalgama delle differenze verso la coesione e non l’appiattimento delle stesse, comprensione reciproca, solo questi possono essere gli strumenti per mostrarci compatti in un panorama storico-politico che non può non risvegliare la responsabilità di ognuno. La partita è ancora aperta, quando la sfida si inasprisce è lì che le competenze si palesano, la determinazione trova terreno fertile. Ci sono sfide che solo insieme si potranno affrontare, ammettere di aver bisogno degli altri non è debolezza ma crescita verso la cooperazione effettiva. L’Europa è più di una bandiera, più di una moneta, lo spirito europeo è sopito e va risvegliato, non è dimenticato. Non diamola vinta al malcontento, prendiamo atto delle attuali esigenze e difficoltà e per una volta troviamo il coraggio di abbattere le barriere delle incertezze, per le generazioni odierne e future.
Da oggi si volta pagina, la pagina di quel libro di storia che fra qualche anno gli alunni sfoglieranno e alla quale seguirà il resoconto della ripresa europea quando tutto ormai sembrava volgere al peggio.
Un libro di storia che stiamo scrivendo noi, la cui penna può scrivere con decisione punto e a capo.
Elisa
Che si sia a destra, centro o sinistra, lo scopo della politica è e deve essere il bene supremo della collettività, qualunque siano le forme di governo o i partiti al potere, le latitudini alle quali ci si trova, le difficoltà che sorgono giorno dopo giorno. Parlare di politica fa paura, sembra ormai che tale parola sia da rifuggire quanto un tabù. Dovrebbe essere, invece, ciò che anima le conversazioni di ognuno perché la politica non è corruzione, arrivismo, inganno, al netto di tutti gli errori umani essa resta il volersi mettere in gioco per e a servizio degli altri. La politica è un mezzo per cambiare le cose e per fare questo bisogna necessariamente cambiarle dall’interno, scappare ha sempre salvato i fuggitivi, non ha mai risolto i problemi da cui è nato l’istinto di volersene andare una volta per tutte.
Ogni Stato ha l’ambizione, con i suoi pro e contro, di voler essere indipendente da ogni altro. In un contesto geopolitico come quello del nostro secolo illudersi che questo sia possibile sarebbe come voler fermare un ciclone soffiando in senso contrario, non solo inutile, ma anche riduttivo. Si sottovaluta quando si teme, si teme quando ci si ostina a fare di testa propria senza voler cercare punti d’incontro.
Tutti coloro i quali hanno sempre inneggiato contro l’Unione Europea saranno ben contenti di questo risultato della Brexit, forse arriveranno persino a vedere la Gran Bretagna come precursore di un passo dovuto per tutti gli Stati membri. La realtà dei fatti però mostra che è solo essendo partecipi che si ha la forza di stimolare la rivoluzione dall’interno. Gli errori si riparano correggendoli, non cancellandoli, ciò che di buono si è raggiunto merita di essere amplificato, non abbandonato.
Oltre agli egoismi nazionalistici oggi ci sono necessità ben più grandi a livello mondiale che chiedono unione, non spaccature. Laddove queste si presentino già sui confini inoltre, forse alimentarne di nuove interne non è la scelta più saggia. Ognuno ha diritto di scegliere per sé, ognuno ha il dovere di non astenersi dal prendere una posizione, lo richiede il presente, lo richiedono le persone tutte, noi compresi. Oggi non festeggiamo una vittoria, sia ben chiaro, ma prendiamo spunto da una sconfitta per fare delle considerazioni. Spesso avvenimenti come questo arrivano appena in tempo per far aprire gli occhi, per farci rialzare.
Dalle sconfitte si possono generare ostinazione, rassegnazione, paraocchi, muri oppure cambiamento, fiducia, apertura, legami. Ciò che determina quale delle due strade del bivio intraprendere è la libertà di scelta dei singoli, di cui si fanno portavoce gli enti nazionali e sovranazionali. Le scelte che vediamo distanti, in realtà dipendono da noi in prima battuta, sono le nostre. Per questo motivo chi fa del populismo e cerca di innaffiare il tutto con critiche a destra e a manca a priori mira a un non progresso privo di prospettive, non offre alternative lungimiranti. È arrivato il momento di togliere le bende e rinascere dalle ceneri di un recente passato non ancora concluso e in grado di riscattarsi. Recuperare le idee con le quali l’Unione Europea è stata concepita, come “unione” non solo economica ma volta al potenziamento dello spirito comunitario su diversi fronti, per poi superarle ulteriormente.
Integrazione dei simili, amalgama delle differenze verso la coesione e non l’appiattimento delle stesse, comprensione reciproca, solo questi possono essere gli strumenti per mostrarci compatti in un panorama storico-politico che non può non risvegliare la responsabilità di ognuno. La partita è ancora aperta, quando la sfida si inasprisce è lì che le competenze si palesano, la determinazione trova terreno fertile. Ci sono sfide che solo insieme si potranno affrontare, ammettere di aver bisogno degli altri non è debolezza ma crescita verso la cooperazione effettiva. L’Europa è più di una bandiera, più di una moneta, lo spirito europeo è sopito e va risvegliato, non è dimenticato. Non diamola vinta al malcontento, prendiamo atto delle attuali esigenze e difficoltà e per una volta troviamo il coraggio di abbattere le barriere delle incertezze, per le generazioni odierne e future.
Da oggi si volta pagina, la pagina di quel libro di storia che fra qualche anno gli alunni sfoglieranno e alla quale seguirà il resoconto della ripresa europea quando tutto ormai sembrava volgere al peggio.
Un libro di storia che stiamo scrivendo noi, la cui penna può scrivere con decisione punto e a capo.
Elisa
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