la paura non Resiste
Un crocevia di persone, fili di vita che si incrociano per poi separarsi e non rincontrarsi più forse. Frenesia di chi rincorre la vita, passi rilassati di chi, al contrario, si è preso una pausa e vuole goderseli quegli attimi. Il cuore in gola al momento del decollo, persone che conosci prima o dopo l’imbarco, ore di viaggio che sembrano minuti grazie alle aspettative e i discorsi intrattenuti, i progetti che riguardano le ore a venire. L’aeroporto non è solo un luogo, ma uno stato d’animo condiviso da perfetti sconosciuti che hanno in comune un qui e ora irripetibile. Questo è quello che ho provato nei pochi viaggi fatti finora in aereo, ultimo dei quali è stato quello a Bruxelles.
Non credo all’amore a prima vista, ma a persone, luoghi e ricordi che ti restano dentro in modo indelebile sin dal primo incontro, in questo credo fermamente. Ebbene Bruxelles è una di quelle città che mi porto dentro, per come è e per quello che rappresenta.
Oggi sarebbe potuta essere una giornata come le altre, vissuta sì con il cuore appesantito dalle morti a Barcellona di quelle giovani ragazze della mia età, ma con la speranza che simili ingiustizie, simili gravissimi incidenti di percorso non accadano più. Poi d’un tratto una notizia alla radio e le telegrafiche notizie delle maggiori testate giornalistiche. Due esplosioni all’aeroporto, altre in metro. Troppe le vittime, considerato che anche una sola sarebbe stata intollerabile. Davanti agli occhi l’orrore di quelle vite in cammino verso una miriade di destinazioni, tutte ferme al medesimo capolinea. E qui non si tratta di un incidente, non si tratta di un caso, ma di una volontà ben precisa, che forse mirava a mietere ancora più vittime in un luogo tanto affollato come quello. Il cuore dell’Europa colpito non da persone, perché chi compie atti simili non ha un’umanità, non da credenti, perché nessuna religione insegna ad uccidere il prossimo, non da appartenenti a una qualche etnia per sua natura violenta, perché bene e male risiedono in ognuno di noi e non sono determinati da alcuna condizione geografica, genetica o che dir si voglia.
E allora io mi domando, se di fronte ad un atroce incidente mortale la colpa si può imputare alla svista, all’errore umano, al caso, di fronte ad attentati mossi da pura follia, ripetuti e consecutivi in diversi Paesi, come si può reagire?
La reazione più istintiva è quella di non viaggiare più, barricarsi nelle proprie sicurezze e tenere ben lontano chiunque non faccia parte delle nostre abitudini, chiunque non le condivida. Ci fa paura essere messi in discussione da chi ci assomiglia, la diversità è quindi a maggior ragione vissuta come una minaccia. Gli attentati mossi da chi vuole demolire libertà di pensiero vogliono intimorire tanto noi quanto il resto del mondo senza alcuna distinzione, pertanto la colpa è da imputare a quella cerchia ristretta di colpevoli diretti e indiretti e non indiscriminatamente a chiunque.
Oggi il mio cuore soffre per le vittime innocenti che si sono svegliate stamattina come me per portare avanti progetti e responsabilità, imitare le azioni abitudinarie e attendere novità piacevoli e invece hanno avuto la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Soffre perché qualunque luogo oggi è Bruxelles e Bruxelles è ogni luogo. Soffre perché stanco di vedere innocenti morire sotto la violenza di un’ondata all’apparenza inarrestabile, stanco degli interessi che alimentano invece che sedare i conflitti nei paesi arabi, in quelli dell’Africa e in altre zone in difficoltà. Soffre, come ha sofferto per Parigi, ma anche come soffre per le vittime in Iraq, Siria, e tutti i Paesi vittime della propagazione di svariate forme di terrorismo, in cui la morte è all’ordine del giorno.
Per tornare alla domanda posta sopra, non mi limito a sollevarla, mi impegno anche a dare una mia personale risposta. La prima reazione è certamente impulsiva, ma bisogna trovare soluzioni pensate e non avventate. Di certo rassegnazione e paura sono da evitare non solo a parole sui social ma anche nel concreto, non ci si può piegare a una simile volontà perversa.
Nessuno ha risposte chiuse nel cassetto e pronte all’uso, nessuno è indifferente, ma anzi proprio perché colpito da vicino deve essere motivato a contrastare le ingiustizie non commettendone di altre.
Ho legati a Bruxelles dei bei ricordi e niente e nessuno potrà scalfire quei ricordi, mi fa effetto pensare all’abisso che c’è fra la situazione odierna e quella vissuta negli stessi luoghi solo pochi mesi fa. Ad ogni viaggio non si è mai tranquilli, ad ogni viaggio al quale non si rinuncia si fa valere il proprio diritto alla libertà dalla paura.
Andremo avanti per ogni singola vittima e, per quanto lunga potrà essere l’attesa (anche si mi auguro il contrario), questa sequela di suicidi dell’umanità contro l’umanità dovrà avere una fine.
Lo dobbiamo a loro, lo dobbiamo a noi, lo dobbiamo alle generazioni future.
Non credo all’amore a prima vista, ma a persone, luoghi e ricordi che ti restano dentro in modo indelebile sin dal primo incontro, in questo credo fermamente. Ebbene Bruxelles è una di quelle città che mi porto dentro, per come è e per quello che rappresenta.
Oggi sarebbe potuta essere una giornata come le altre, vissuta sì con il cuore appesantito dalle morti a Barcellona di quelle giovani ragazze della mia età, ma con la speranza che simili ingiustizie, simili gravissimi incidenti di percorso non accadano più. Poi d’un tratto una notizia alla radio e le telegrafiche notizie delle maggiori testate giornalistiche. Due esplosioni all’aeroporto, altre in metro. Troppe le vittime, considerato che anche una sola sarebbe stata intollerabile. Davanti agli occhi l’orrore di quelle vite in cammino verso una miriade di destinazioni, tutte ferme al medesimo capolinea. E qui non si tratta di un incidente, non si tratta di un caso, ma di una volontà ben precisa, che forse mirava a mietere ancora più vittime in un luogo tanto affollato come quello. Il cuore dell’Europa colpito non da persone, perché chi compie atti simili non ha un’umanità, non da credenti, perché nessuna religione insegna ad uccidere il prossimo, non da appartenenti a una qualche etnia per sua natura violenta, perché bene e male risiedono in ognuno di noi e non sono determinati da alcuna condizione geografica, genetica o che dir si voglia.
E allora io mi domando, se di fronte ad un atroce incidente mortale la colpa si può imputare alla svista, all’errore umano, al caso, di fronte ad attentati mossi da pura follia, ripetuti e consecutivi in diversi Paesi, come si può reagire?
La reazione più istintiva è quella di non viaggiare più, barricarsi nelle proprie sicurezze e tenere ben lontano chiunque non faccia parte delle nostre abitudini, chiunque non le condivida. Ci fa paura essere messi in discussione da chi ci assomiglia, la diversità è quindi a maggior ragione vissuta come una minaccia. Gli attentati mossi da chi vuole demolire libertà di pensiero vogliono intimorire tanto noi quanto il resto del mondo senza alcuna distinzione, pertanto la colpa è da imputare a quella cerchia ristretta di colpevoli diretti e indiretti e non indiscriminatamente a chiunque.
Oggi il mio cuore soffre per le vittime innocenti che si sono svegliate stamattina come me per portare avanti progetti e responsabilità, imitare le azioni abitudinarie e attendere novità piacevoli e invece hanno avuto la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Soffre perché qualunque luogo oggi è Bruxelles e Bruxelles è ogni luogo. Soffre perché stanco di vedere innocenti morire sotto la violenza di un’ondata all’apparenza inarrestabile, stanco degli interessi che alimentano invece che sedare i conflitti nei paesi arabi, in quelli dell’Africa e in altre zone in difficoltà. Soffre, come ha sofferto per Parigi, ma anche come soffre per le vittime in Iraq, Siria, e tutti i Paesi vittime della propagazione di svariate forme di terrorismo, in cui la morte è all’ordine del giorno.
Per tornare alla domanda posta sopra, non mi limito a sollevarla, mi impegno anche a dare una mia personale risposta. La prima reazione è certamente impulsiva, ma bisogna trovare soluzioni pensate e non avventate. Di certo rassegnazione e paura sono da evitare non solo a parole sui social ma anche nel concreto, non ci si può piegare a una simile volontà perversa.
Nessuno ha risposte chiuse nel cassetto e pronte all’uso, nessuno è indifferente, ma anzi proprio perché colpito da vicino deve essere motivato a contrastare le ingiustizie non commettendone di altre.
Ho legati a Bruxelles dei bei ricordi e niente e nessuno potrà scalfire quei ricordi, mi fa effetto pensare all’abisso che c’è fra la situazione odierna e quella vissuta negli stessi luoghi solo pochi mesi fa. Ad ogni viaggio non si è mai tranquilli, ad ogni viaggio al quale non si rinuncia si fa valere il proprio diritto alla libertà dalla paura.
Andremo avanti per ogni singola vittima e, per quanto lunga potrà essere l’attesa (anche si mi auguro il contrario), questa sequela di suicidi dell’umanità contro l’umanità dovrà avere una fine.
Lo dobbiamo a loro, lo dobbiamo a noi, lo dobbiamo alle generazioni future.
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