CONTROSOLIDARIETA'
Stanno circolando le immagini dei migranti a Belgrado e ci sono ancora persone ostinate a reclamare il diritto ad essere ascoltate per i propri problemi, convinte che ognuno ne abbia, ogni Paese abbia le proprie criticità da risolvere e non abbia tempo per occuparsi anche di “intrusi”. Che tristezza.
I trattati a salvaguardia dei diritti dell’uomo non vengono sottoscritti per la bellezza di apporre la propria firma in calce, ma per essere applicati, sempre. Il diritto alla vita, alla libertà, alla tutela della persona e a tutte le forme d’espressione non sono diritti elitari, non vanno garantiti ai connazionali, ma agli uomini. La dignità umana è pari a tutte le latitudini, il nostro obiettivo dovrebbe essere far passare questo messaggio invece di volere preferenze, discorsi simili qualcuno li faceva in nome di una “razza” prescelta, non scordiamolo.
Non si chiama guerra fra poveri, io la chiamo “controsolidarietà”, il desiderio di prevalere sull’altro che già si trova in situazioni di miseria estrema. Si chiama etnocentrismo, per cui si guarda tutto dalla propria prospettiva, per la quale ci si trova al centro e si sente di meritare più degli altri. Si chiama indifferenza per i diritti di persone che sono trattate alla stregua di animali abbandonati al loro destino, perché in fondo “se lo sono scelti”.
Queste persone non si sono scelte di ritrovarsi in una zona dismessa dietro la stazione di Belgrado a morire di fame e freddo, non si sono scelte di nascere in zone in cui persino i bambini non sanno se poter credere in un domani o meno, non si sono scelte di dover abbandonare tutto e rischiare la vita. Sono state obbligate a farlo, la vita era già stata tolta a loro e questo è stato l’estremo tentativo per andare a riprendersela. Chi non lotterebbe per la propria vita e quella dei propri cari? Chi si merita di ritrovarsi in condizioni che ci saremmo augurati di dover rivedere solo all’interno dei libri di storia?
Lo scandalo di Belgrado, perché di scandalo si tratta, non sarà il solo a distanza di spazio e tempo, ma è quello che in questi giorni deve generare indignazione in ognuno, se così non fosse significherebbe che nel 2017 gli umani hanno definitivamente cessato d’esistere per lasciare il posto ai disumani.
Ognuno dovrebbe sentirsi partecipe delle sofferenze altrui, questo non significa sminuire le proprie, significa non essere impermeabili. Tutti dovrebbero mobilitarsi iniziando a combattere il silenzio con parole pensate e non illazioni irragionevoli e pretestuose.
Ricordiamoci che i confini sono solo nelle nostre menti, che la colpevolezza delle sorti di queste persone risiede solo nelle nostre mani ferme, nelle nostre bocche zitte o sbraitanti, nella nostra volontà paralizzata.
I trattati a salvaguardia dei diritti dell’uomo non vengono sottoscritti per la bellezza di apporre la propria firma in calce, ma per essere applicati, sempre. Il diritto alla vita, alla libertà, alla tutela della persona e a tutte le forme d’espressione non sono diritti elitari, non vanno garantiti ai connazionali, ma agli uomini. La dignità umana è pari a tutte le latitudini, il nostro obiettivo dovrebbe essere far passare questo messaggio invece di volere preferenze, discorsi simili qualcuno li faceva in nome di una “razza” prescelta, non scordiamolo.
Non si chiama guerra fra poveri, io la chiamo “controsolidarietà”, il desiderio di prevalere sull’altro che già si trova in situazioni di miseria estrema. Si chiama etnocentrismo, per cui si guarda tutto dalla propria prospettiva, per la quale ci si trova al centro e si sente di meritare più degli altri. Si chiama indifferenza per i diritti di persone che sono trattate alla stregua di animali abbandonati al loro destino, perché in fondo “se lo sono scelti”.
Queste persone non si sono scelte di ritrovarsi in una zona dismessa dietro la stazione di Belgrado a morire di fame e freddo, non si sono scelte di nascere in zone in cui persino i bambini non sanno se poter credere in un domani o meno, non si sono scelte di dover abbandonare tutto e rischiare la vita. Sono state obbligate a farlo, la vita era già stata tolta a loro e questo è stato l’estremo tentativo per andare a riprendersela. Chi non lotterebbe per la propria vita e quella dei propri cari? Chi si merita di ritrovarsi in condizioni che ci saremmo augurati di dover rivedere solo all’interno dei libri di storia?
Lo scandalo di Belgrado, perché di scandalo si tratta, non sarà il solo a distanza di spazio e tempo, ma è quello che in questi giorni deve generare indignazione in ognuno, se così non fosse significherebbe che nel 2017 gli umani hanno definitivamente cessato d’esistere per lasciare il posto ai disumani.
Ognuno dovrebbe sentirsi partecipe delle sofferenze altrui, questo non significa sminuire le proprie, significa non essere impermeabili. Tutti dovrebbero mobilitarsi iniziando a combattere il silenzio con parole pensate e non illazioni irragionevoli e pretestuose.
Ricordiamoci che i confini sono solo nelle nostre menti, che la colpevolezza delle sorti di queste persone risiede solo nelle nostre mani ferme, nelle nostre bocche zitte o sbraitanti, nella nostra volontà paralizzata.
Elisa
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