STUPRO MEDIATICO
Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questa immagine (non vorrei pubblicarla ma a volte è necessario l'impatto diretto), un'immagine tristemente rappresentativa di ciò che oggi susciti risate e forse celi anche un po' di verità.
Molti vorrebbero una donna senza cervello semplicemente perché non conoscono il significato di averne uno. Vignette come questa non fanno ridere, mi fanno chiedere in quale perversa società mi tocchi vivere. Stuprare una donna è sbagliato, picchiare una donna è sbagliato, ingiuriarla è sbagliato. È sbagliato, infatti, usare violenza di qualunque genere contro chiunque, non solo contro le donne. Alla luce di tutto questo allora vi chiedo: considerare una donna solo per quanto ha in mezzo alle cosce cos'è? È civiltà questa? È questo l'uomo medio che si reputa superiore a culture ritenute repressive nei confronti delle donne? È libertà d'espressione? Divertimento? Cos'è esattamente?
Vi dico cosa sia per la sottoscritta. Io lo ritengo "stupro mediatico", quella forma di violenza sottovalutata perché si trova alla mercé di chiunque abbia accesso a un social. L'incontrollata diffusione di contenuti altamente offensivi e denigratori a cui si è talmente fatta l'abitudine da lasciare che passino inosservati. Ebbene io l'abitudine non voglio maturarla dentro di me e sono sicura di non essere l'unica a pensarla in questo modo.
Stuprare una donna è un atto fisico, ma ci sono stupri verbali, mentali, di scherno. Gli omicidi sono quanto di più orrendo gli uomini possano compiere contro simili, eppure sono tanto in crescita quelli contro le donne in particolare da aver addirittura coniato un termine ad hoc "femminicidio" con cui etichettarli tutti. Un termine che categorizza qualcosa che è inconcepibile, razionalizza l'irrazionalizzabile.
Non è il vocabolario a dover cambiare, ma la mentalità. La stessa mentalità contorta per cui alcuni tra i più strenui difensori dei diritti delle donne sulle tastiere siano poi gli stessi che usino battute quali "beh mandiamo a prostituire queste o quelle se servono soldi, no?" per farsi delle grasse risate. Io mi indigno di fronte a queste frasi, a questa leggerezza, provo pena per chi le trova divertenti e trovo davvero amaramente divertente, invece, che queste stesse persone facciano le illuminate paladine della giustizia al primo articolo di cronaca locale o nazionale.
Una mia piccola speranza? Che qualcuno leggendo si riconosca e si vergogni.
Ringrazio tutte le donne e gli uomini che, invece, giorno per giorno portano rispetto, sullo schermo di un pc, in casa, per strada, ovunque, perché lo si può fare solo in questo preciso modo: QUOTIDIANAMENTE. Siete la dimostrazione che la mia lotta per il cambiamento non sia mera utopia, che la lotta non sia solo mia, ma nostra.
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